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Il lavoro di Interlife per offrire un’alternativa alla migrazione irregolare - Giorgia Gambini su Articolo21

Condividiamo con voi le riflessioni e le parole della Presidente di Interlife Giorgia Gambini pubblicate da Articolo21.org.

Diminuire i flussi migratori dall'Africa sarà possibile solo con l'attuazione di strategie internazionali che migliorino le condizioni di vita delle popolazioni africane e offrano reali opportunità di sviluppo in loco.

In questo senso, si muove l'impegno di Interlife, con il suo modello di sviluppo che crea sicurezza alimentare, coesione sociale e dinamismo imprenditoriale.


Ecco l'articolo completo:


Diminuire i flussi migratori dall’Africa sarà possibile solo attuando strategie a livello internazionale che possano migliorare le condizioni di vita delle popolazioni africane e offrire loro reali opportunità di sviluppo. Dal 2012 oltre 20.000 persone, attraverso il lavoro di Interlife, hanno avuto la possibilità di restare a vivere in Africa e avviare un’attività lavorativa. Mettere nelle mani di chi vive in condizioni di estrema vulnerabilità strumenti concreti per costruire un progetto di vita e avviare un’attività generatrice di reddito è una delle strategie più efficaci per poter offrire, a chi lo desidera, un’alternativa alla migrazione irregolare. Per farlo non è sufficiente il solo invio di aiuti economici poiché nel lungo tempo non sono risolutivi, ma bisogna essere in grado di proporre un modello innovativo e sostenibile che permetta di ottenere in Africa uno sviluppo virtuoso a lungo termine.

I dati del lavoro di Interlife, emersi dal report di impatto realizzato da Fondazione Etisos e presentati a Roma presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, dimostrano come il modello del Toolkit Interlife possa rappresentare un esempio di strategia attuabile a livello internazionale per migliorare la vita di migliaia di persone e offrire loro la possibilità di restare nella propria Terra.


Sicurezza alimentare, incremento reddituale per le famiglie, scolarizzazione dei bambini, coesione sociale e dinamismo imprenditoriale, sostenibilità ambientale e ottimizzazione delle risorse. I dati parlano chiaro: il progetto di Interlife, oltre a essere economicamente sostenibile, è compatibile al 90% con i 17 punti dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU, a dimostrazione di come sia possibile, attraverso azioni ben definite impegnarsi per un futuro più sostenibile e inclusivo per tutti.

Anche laddove povertà e disoccupazione sembrano impossibili da sradicare, il modello Interlife permette di moltiplicare benefici e beneficiari e allo stesso tempo di ridurre progressivamente il costo progettuale con un importante effetto leva. È proprio per queste sue peculiarità che crediamo il nostro modello possa rappresentare un grande esempio per un piano di sviluppo del continente africano, tema che è stato oggetto del recente incontro a Palazzo Chigi con la Struttura di Missione per il Piano Mattei. È indubbio infatti sia necessario creare un piano di sviluppo per l’Africa e che tutti i Paesi debbano impegnarsi per favorirlo e contribuire a risolvere i drammi legati alla questione migratoria mettendo in campo azioni sostenibili e durature, non limitate solamente a un semplice aiuto economico. Bisogna mettere nelle mani di chi vive in povertà, strumenti concreti per poter migliorare la propria situazione e quella della comunità e il modello Interlife rappresenta un’alternativa innovativa rispetto ad altre forme di economia sociale.

Su questa traiettoria devono orientarsi le decisioni dei governi in merito ai piani di sviluppo dei Paesi del continente africano, affinché si favorisca una reale crescita economica nell’ottica di mitigare le ragioni che spingono migliaia di persone a lasciare il proprio paese d’origine. È infatti evidente che le politiche emergenziali e di tipo securitario degli ultimi anni non sono state in grado di diminuire né tanto meno di bloccare gli arrivi di migranti nelle coste italiane e purtroppo le loro morti lungo le rotte di migrazione.

Per ottenere questo risultato bisogna andare ad agire sui cosiddetti push factors, ovvero su quelle condizioni che spingono una persona a scegliere di migrare e mettere a rischio la propria vita, ad esempio miseria e malnutrizione.

È su questo tipo di situazioni che va a collocarsi, in particolare in Costa D’Avorio, il lavoro di Interlife, che, attraverso la diffusione di un modello di sviluppo innovativo in grado di creare reali opportunità di lavoro, offre, a chi desidera restare, un’alternativa alla migrazione irregolare. Si tratta del modello Interlife denominato Toolkit, uno strumento per lo start-up di micro-imprese a conduzione familiare in grado di generare reddito regolare. I Toolkit Interlife forniscono formazione, attrezzature, materie prime, competenze – in coltivazione, allevamento e commercio – e tutto il supporto per avviare un’attività in grado di sostenere i beneficiari e le proprie famiglie, innescando un effetto a catena solidale per tutta la comunità. La caratteristica principale del Toolkit Interlife consiste infatti nella sua replicabilità e nell’effetto moltiplicativo dell’investimento iniziale: dopo aver avviato la propria impresa, il beneficiario si impegna a donare un nuovo Toolkit a un’altra persona in difficoltà. I risultati registrati a distanza di un solo anno dall’avvio dell’attività sono straordinari: il 108% di crescita del reddito per ogni beneficiario e la possibilità di restare nel proprio Paese.


Giorgia Gambini, Presidente di Interlife



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