Un nuovo studio scientifico pubblicato su "Nature Scientific Reports", ha gettato luce sul dibattito riguardante le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale e il loro presunto impatto sui flussi migratori.
Tale studio, condotto da un team di ricercatori internazionali, sfida la teoria comunemente nota come "pull factor" (i fattori che spingono i migranti a partire), suggerendo che le operazioni di soccorso non siano un fattore significativo nell'incoraggiare l'aumento delle partenze dai Paesi nordafricani verso l'Europa.
L'idea del "pull factor" ovvero che le attività di ricerca e soccorso agiscano come un'attrazione per i migranti irregolari è stata sostenuta e abbracciata da alcune correnti politiche e da una parte dell'opinione pubblica.
Attraverso l'uso di complesse analisi statistiche e sofisticati metodi di analisi dei dati attraverso il "machine learning", i ricercatori hanno preso in considerazione i datirelativi al periodo 2011-2020 per valutare l'effettivo impatto di tali operazioni.
I risultati, dimostrano che le operazioni di soccorso non sono un fattore determinante nella decisione dei migranti di intraprendere il viaggio verso l'Europa.
Al contrario, le variabili più significative risultano essere la situazione socio-economica nei Paesi di partenza, i conflitti e le condizioni meteorologiche nel Mediterraneo.
Il team di ricerca ha esaminato tre fasi chiave nel corso del decennio: l'operazione Mare Nostrum dell'Italia tra il 2013 e il 2014, l'arrivo delle navi umanitarie delle Ong a partire dal 2014 e la collaborazione tra l'UE e la Guardia costiera libica dal 2017.
L'analisi ha dimostrato che le operazioni di soccorso non hanno avuto un impatto significativo sull'aumento delle partenze.
Un aspetto interessante è emerso dalla cooperazione tra l'UE e la Libia.
Sebbene questa collaborazione abbia ridotto le traversate, si è rilevato che ciò è avvenuto a costo di un significativo peggioramento della situazione dei diritti umani dei migranti in Libia. Inoltre, è stato sottolineato che le politiche di esternalizzazione non affrontano le cause strutturali delle migrazioni e potrebbero spingere i migranti verso rotte più pericolose.
In sintesi, questo studio scientifico offre un'analisi approfondita e basata su dati concreti che mette in discussione la teoria del "pull factor" legata alle operazioni di ricerca e soccorso.
I risultati sfidano la narrazione politica precedente e suggeriscono che è essenziale adottare approcci più equilibrati e basati su prove scientifiche nella gestione delle migrazioni.
Che lo studio evidenzi come le condizioni economiche del Paese da cui si parte, siano tra le principali cause e ragioni della partenza di migliaia di esseri umani disperati, dà al nostro lavoro e al nostro modello di sviluppo Toolkit Interlife sempre più ragione di esistere e a noi tutti, ancora più forza e determinazione nel cercare fondi per implementarlo ovunque ve ne sia necessità.
Il Toolkit, dati alla mano, dimostra che è possibile creare opportunità economiche e di autonomia nei Paesi di origine dei migranti, offrendo loro la possibilità di avviare attività generatrici di reddito.
Questo approccio significa proporre una reale alternativa alla migrazione, affrontando le radici profonde delle partenze e cercando di migliorare le condizioni economiche e sociali nei luoghi d'origine.
La nostra visione di dare ai potenziali migranti gli strumenti e le risorse per costruire una vita sostenibile nelle loro comunità d'origine è un passo importante nell'affrontare la crisi migratoria.
Oltre a ridurre il desiderio di intraprendere viaggi pericolosi verso l'Europa, contribuiamo a stabilizzare le regioni da cui provengono i migranti.
In conclusione, il nostro impegno e l'implementazione del Toolkit rappresentano una risposta concreta e umanitaria alla crisi migratoria.
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